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UbbaFile Under:
MusicaPubblicato:
23/02/2009 15:15
LA domanda è sempre quella: chi siamo?
Essa è declinabile in diverse forme, quella che va da sempre per la maggiore è: da dove veniamo?
Ora, non è sicuramente questo il luogo adatto per fornire una risposta a quesiti amletici di tale portata…ciò che mi preme mettere in risalto qui è che, come spesso accade, la domanda è più importante della risposta; non è importante quindi SAPERE, ma AVERE COSCIENZA di ciò che ci ha portato nel punto dove siamo ora o, ancora meglio, che il passato è parte integrante del presente.
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Detto della questione filosofica, passiamo all’analisi della realtà in cui viviamo utilizzando un esempio pratico…ogni tanto mi guardo attorno e mi cade l’attenzione su certi personaggi che pare abbiano dimenticato da dove sono partiti, quasi a voler testimoniare che sia sufficiente smettere i vestiti vecchi per dimenticarsi del proprio passato. In questo momento ho stesa sul tavolo della cucina una mappa con una decina di personaggi di questa risma e, bandana sugli occhi, sto per indicare casualmente uno di questi personaggi…vediamo vediamo…fatto…oggi il fato ha scelto… JOVANOTTI. |
Copio e incollo da Wikipedia:
“Diventa famoso negli anni ottanta, lanciato da Claudio Cecchetto. Dalla commistione di rap e discomusic dei primi successi, tuttavia, Jovanotti si discosta ben presto avvicinandosi gradualmente al modello della world music (sempre interpretata in chiave hip hop, funky e a volte anche ska). All'evoluzione musicale corrisponde un mutare dei testi dei suoi brani, che, nel corso degli anni, tendono a toccare temi sempre più filosofici, religiosi e politici, più tipici dello stile cantautorale italiano.”
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Occhebello, il paninaro discotecaro de “La mia moto” è ora un importante cantautore impegnato, autore di testi profondi e pregni di significato.
Ora, reputando inutile trascrivere spezzoni del recente, illuminato, Jovanotti, vorrei invece cogliere l’occasione per ricordare il vero, importante contributo che questo autore ha dato alla musica italiana…perché Jovanotti, bisogna ammetterlo, era partito “alla grande” con il singolone “Gimme Five” e aveva subito bissato con il CAPOLAVORO “La mia moto”, punto di non ritorno del trash anni ’80 (il disco fu pubblicato nel 1989). Una canzone manifesto dal testo assolutamente geniale in cui il nostro beniamino apostrofa la sua bella con parole indimenticabili (che mi pare giusto mettere in calce alla foto impegnata qui a lato): |
“Sei come la mia moto
sei proprio come lei
andiamo a farci un giro
fossi in te io ci starei.”
Ma attenzione che ora, la ragazza, colpita da tanta poesia, risponde a Jovanotti
“Ma lo sai che c’hai una bella moto
stasera voglio uscire con te.
Ma lo sai con quella bella moto
stasera sono tutta per te.”
Ancora scevro da velleità artistiche impegnate e da ambizioni fuori dalla sua portata, un Lorenzo Cherubini in forma smagliante nel 1995 pubblica una canzoncina dal titolo “Ragazzo Fortunato” che riporta alcune perle di grande saggezza, tra cui:
“sono fortunato perché non c'è niente che ho bisogno”
si noti la licenza poetica che il nostro si concede, facendosi beffa delle più elementari regole grammaticali (e poi ci si chiede perché oggi l’italiano medio non sia in grado di mettere in fila quattro parole di senso compiuto…)
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Fino a questo momento il percorso “artistico” di Jovanotti è praticamente senza pecche.
Il nostro eroe altro non è che un PANINARO dalle poche pretese, che si accontenta di sbancare nelle discoteche con le sue canzoncine leggere ed innocue; un mediocre rappresentante di una pochezza culturale che merita comunque di essere rappresentata. Insomma, non sarà Dylan, ma almeno è coerente con sé stesso, e questo è già qualcosa.
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POI…POI…POI IL DRAMMA…
…Jovanotti tenta il salto di qualità con l’album “L’albero” e da lì in poi non si dà più pace. Vuole essere o crede di poter essere un autore maturo, pronto a confrontarsi con i grandi temi. Spegne la sua mitica moto e la lascia arrugginire in garage, impara il congiuntivo e la smette di comportarsi da perfetto imbecille; è Lorenzo Cherubini che ha definitivamente preso il sopravvento sul grande Jovanotti, è l’inizio della fine. L’abbigliamento inizia a essere quello di un Che Guevara dei poveri, l’atteggiamento scazzato degli esordi assume toni seriosi e la sua voce non nasconde intenti e aspirazioni da grande cantautore impegnato. Le barriere hanno ceduto, la COERENZA è perduta, la POESIA si è definitivamente smarrita.
Perché, caro J., tu ERI, SEI e SARAI sempre “come la mia moto” e nient’altro, capisci?
Perché, caro J., tu ERI, SEI e SARAI sempre quello che non sa l’italiano, capisci?
Perché, caro J., tu ERI, SEI e SARAI sempre un paninaro, capisci?
Perché, caro J., io non ho bisogno di un ex paninaro che si toglie il “chiodo” (ndr. mitico giubbotto di pelle fine ’80 inizio ’90) per farsi crescere la barba e fingersi poeta.
Perché, caro J., in Italia di grandi cantautori ne abbiamo avuti tanti e tu non sei sicuramente tra quelli.
Perché, caro J., mi potevi stare simpatico finché eri onesto con te stesso e con gli altri, ma ora che hai delle pretese, ORA sei veramente ridicolo.
Perché, caro J., le domande “chi siamo” e “da dove veniamo” hanno importanza, anche se non ne sappiamo le risposte.
Perchè, caro J., a noi piace ricordarti così: